Francesco Petrarca. Canzoniere --------------------------------------------------------------- Origin: Francesco Petrarca "Canzoniere" ? http://www.fausernet.novara.it/fauser/biblio/index001.htm --------------------------------------------------------------- 1 Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono di quei sospiri ond'io nudriva 'l core in sul mio primo giovenile errore quand'era in parte altr'uom da quel ch'i' sono, del vario stile in ch'io piango et ragiono fra le vane speranze e 'l van dolore, ove sia chi per prova intenda amore, spero trovar pieta, nonche perdono. Ma ben veggio or si come al popol tutto favola fui gran tempo, onde sovente di me medesmo meco mi vergogno; et del mio vaneggiar vergogna e 'l frutto, e 'l pentersi, e 'l conoscer chiaramente che quanto piace al mondo e breve sogno. 2 Per fare una leggiadra sua vendetta et punire in un di ben mille offese, celatamente Amor l'arco riprese, come huom ch'a nocer luogo et tempo aspetta. Era la mia virtute al cor ristretta per far ivi et ne gli occhi sue difese, quando 'l colpo mortal la giu discese ove solea spuntarsi ogni saetta. Pero, turbata nel primiero assalto, non ebbe tanto ne vigor ne spazio che potesse al bisogno prender l'arme, overo al poggio faticoso et alto ritrarmi accortamente da lo strazio del quale oggi vorrebbe, et non po, aitarme. 3 Era il giorno ch'al sol si scoloraro per la pieta del suo factore i rai, quando i' fui preso, et non me ne guardai, che i be' vostr'occhi, donna, mi legaro. Tempo non mi parea da far riparo contra colpi d'Amor: pero m'andai secur, senza sospetto; onde i miei guai nel commune dolor s'incominciaro. Trovommi Amor del tutto disarmato et aperta la via per gli occhi al core, che di lagrime son fatti uscio et varco: pero al mio parer non li fu honore ferir me de saetta in quello stato, a voi armata non mostrar pur l'arco. 4 Que' ch'infinita providentia et arte mostro nel suo mirabil magistero, che crio questo et quell'altro hemispero, et mansueto piu Giove che Marte, vegnendo in terra a 'lluminar le carte ch'avean molt'anni gia celato il vero, tolse Giovanni da la rete et Piero, et nel regno del ciel fece lor parte. Di se nascendo a Roma non fe' gratia, a Giudea si, tanto sovr'ogni stato humiltate exaltar sempre gli piacque; ed or di picciol borgo un sol n'a dato, tal che natura e 'l luogo si ringratia onde si bella donna al mondo nacque. 5 Quando io movo i sospiri a chiamar voi, e 'l nome che nel cor mi scrisse Amore, LAUdando s'incomincia udir di fore il suon de' primi dolci accenti suoi. Vostro stato REal, che 'ncontro poi, raddoppia a l'alta impresa il mio valore; ma: TAci, grida il fin, che farle honore e d'altri homeri soma che da' tuoi. Cosi LAUdare et REverire insegna la voce stessa, pur ch'altri vi chiami, o d'ogni reverenza et d'onor degna: se non che forse Apollo si disdegna ch'a parlar de' suoi sempre verdi rami lingua mortal presumptuosa vegna. 6 Si traviato e 'l folle mi' desio a seguitar costei che 'n fuga e volta, et de' lacci d'Amor leggiera et sciolta vola dinanzi al lento correr mio, che quanto richiamando piu l'envio per la secura strada, men m'ascolta: ne mi vale spronarlo, o dargli volta, ch'Amor per sua natura il fa restio. Et poi che 'l fren per forza a se raccoglie, i' mi rimango in signoria di lui, che mal mio grado a morte mi trasporta: sol per venir al lauro onde si coglie acerbo frutto, che le piaghe altrui gustando afflige piu che non conforta. 7 La gola e 'l sonno et l'otiose piume anno del mondo ogni vertu sbandita, ond'e dal corso suo quasi smarrita nostra natura vinta dal costume; et e si spento ogni benigno lume del ciel, per cui s'informa humana vita, che per cosa mirabile s'addita chi vol far d'Elicona nascer fiume. Qual vaghezza di lauro, qual di mirto? Povera et nuda vai philosophia, dice la turba al vil guadagno intesa. Pochi compagni avrai per l'altra via: tanto ti prego piu, gentile spirto, non lassar la magnanima tua impresa. 8 A pie' de' colli ove la bella vesta prese de le terrene membra pria la donna che colui ch'a te ne 'nvia spesso dal somno lagrimando desta, libere in pace passavam per questa vita mortal, ch'ogni animal desia, senza sospetto di trovar fra via cosa ch'al nostr'andar fosse molesta. Ma del misero stato ove noi semo condotte da la vita altra serena un sol conforto, et de la morte, avemo: che vendetta e di lui ch'a cio ne mena, lo qual in forza altrui presso a l'extremo riman legato con maggior catena. 9 Quando 'l pianeta che distingue l'ore ad albergar col Tauro si ritorna, cade vertu da l'infiammate corna che veste il mondo di novel colore; et non pur quel che s'apre a noi di fore, le rive e i colli, di fioretti adorna, ma dentro dove gia mai non s'aggiorna gravido fa di se il terrestro humore, onde tal fructo et simile si colga: cosi costei, ch'e tra le donne un sole, in me movendo de' begli occhi i rai cria d'amor penseri, atti et parole; ma come ch'ella gli governi o volga, primavera per me pur non e mai. 10 Gloriosa columna in cui s'appoggia nostra speranza e 'l gran nome latino, ch'ancor non torse del vero camino l'ira di Giove per ventosa pioggia, qui non palazzi, non theatro o loggia, ma 'n lor vece un abete, un faggio, un pino tra l'erba verde e 'l bel monte vicino, onde si scende poetando et poggia, levan di terra al ciel nostr'intellecto; e 'l rosigniuol che dolcemente all'ombra tutte le notti si lamenta et piagne, d'amorosi penseri il cor ne 'ngombra: ma tanto bel sol tronchi, et fai imperfecto, tu che da noi, signor mio, ti scompagne. 11 Lassare il velo o per sole o per ombra, donna, non vi vid'io poi che in me conosceste il gran desio ch'ogni altra voglia d'entr'al cor mi sgombra. Mentr'io portava i be' pensier' celati, ch'anno la mente desiando morta, vidivi di pietate ornare il volto; ma poi ch'Amor di me vi fece accorta, fuor i biondi capelli allor velati, et l'amoroso sguardo in se raccolto. Quel ch'i' piu desiava in voi m'e tolto: si mi governa il velo che per mia morte, et al caldo et al gielo, de' be' vostr'occhi il dolce lume adombra. 12 Se la mia vita da l'aspro tormento si puo tanto schermire, et dagli affanni, ch'i' veggia per vertu de gli ultimi anni, donna, de' be' vostr'occhi il lume spento, e i cape' d'oro fin farsi d'argento, et lassar le ghirlande e i verdi panni, e 'l viso scolorir che ne' miei danni a llamentar mi fa pauroso et lento: pur mi dara tanta baldanza Amore ch'i' vi discovriro de' mei martiri qua' sono stati gli anni, e i giorni et l'ore; et se 'l tempo e contrario ai be' desiri, non fia ch'almen non giunga al mio dolore alcun soccorso di tardi sospiri. 13 Quando fra l'altre donne ad ora ad ora Amor vien nel bel viso di costei, quanto ciascuna e men bella di lei tanto cresce 'l desio che m'innamora. I' benedico il loco e 'l tempo et l'ora che si alto miraron gli occhi mei, et dico: Anima, assai ringratiar dei che fosti a tanto honor degnata allora. Da lei ti ven l'amoroso pensero, che mentre 'l segui al sommo ben t'invia, pocho prezando quel ch'ogni huom desia; da lei vien l'animosa leggiadria ch'al ciel ti scorge per destro sentero, si ch'i' vo gia de la speranza altero. 14 Occhi miei lassi, mentre ch'io vi giro nel bel viso di quella che v'a morti, pregovi siate accorti, che gia vi sfida Amore, ond'io sospiro. Morte po chiuder sola a' miei penseri l'amoroso camin che gli conduce al dolce porto de la lor salute; ma puossi a voi celar la vostra luce per meno obgetto, perche meno interi siete formati, et di minor virtute. Pero, dolenti, anzi che sian venute l'ore del pianto, che son gia vicine, prendete or a la fine breve conforto a si lungo martiro. 15 Io mi rivolgo indietro a ciascun passo col corpo stancho ch'a gran pena porto, et prendo allor del vostr'aere conforto che 'l fa gir oltra dicendo: Oime lasso! Poi ripensando al dolce ben ch'io lasso, al camin lungo et al mio viver corto, fermo le piante sbigottito et smorto, et gli occhi in terra lagrimando abasso. Talor m'assale in mezzo a'tristi pianti un dubbio: come posson queste membra da lo spirito lor viver lontane? Ma rispondemi Amor: Non ti rimembra che questo e privilegio degli amanti, sciolti da tutte qualitati humane? 16 Movesi il vecchierel canuto et biancho del dolce loco ov'a sua eta fornita et da la famigliuola sbigottita che vede il caro padre venir manco; indi trahendo poi l'antiquo fianco per l'extreme giornate di sua vita, quanto piu po, col buon voler s'aita, rotto dagli anni, et dal cammino stanco; et viene a Roma, seguendo 'l desio, per mirar la sembianza di colui ch'ancor lassu nel ciel vedere spera: cosi, lasso, talor vo cerchand'io, donna, quanto e possibile, in altrui la disiata vostra forma vera. 17 Piovonmi amare lagrime dal viso con un vento angoscioso di sospiri, quando in voi adiven che gli occhi giri per cui sola dal mondo i' son diviso. Vero e che 'l dolce mansueto riso pur acqueta gli ardenti miei desiri, et mi sottragge al foco de' martiri, mentr'io son a mirarvi intento et fiso. Ma gli spiriti miei s'aghiaccian poi ch'i' veggio al departir gli atti soavi torcer da me le mie fatali stelle. Largata alfin co l'amorose chiavi l'anima esce del cor per seguir voi; et con molto pensiero indi si svelle. 18 Quand'io son tutto volto in quella parte ove 'l bel viso di madonna luce, et m'e rimasa nel pensier la luce che m'arde et strugge dentro a parte a parte, i' che temo del cor che mi si parte, et veggio presso il fin de la mia luce, vommene in guisa d'orbo, senza luce, che non sa ove si vada et pur si parte. Cosi davanti ai colpi de la morte fuggo: ma non si ratto che 'l desio meco non venga come venir sole. Tacito vo, che le parole morte farian pianger la gente; et i' desio che le lagrime mie si spargan sole. 19 Son animali al mondo de si altera vista che 'ncontra 'l sol pur si difende; altri, pero che 'l gran lume gli offende, non escon fuor se non verso la sera; et altri, col desio folle che spera gioir forse nel foco, perche splende, provan l'altra vertu, quella che 'encende: lasso, e 'l mio loco e 'n questa ultima schera. Ch'i' non son forte ad aspectar la luce di questa donna, et non so fare schermi di luoghi tenebrosi, o d' ore tarde: pero con gli occhi lagrimosi e 'nfermi mio destino a vederla mi conduce; et so ben ch'i' vo dietro a quel che m'arde. 20 Vergognando talor ch'ancor si taccia, donna, per me vostra bellezza in rima, ricorro al tempo ch'i' vi vidi prima, tal che null'altra fia mai che mi piaccia. Ma trovo peso non da le mie braccia, ne ovra da polir colla mia lima: pero l'ingegno che sua forza extima ne l'operation tutto s'agghiaccia. Piu volte gia per dir le labbra apersi, poi rimase la voce in mezzo 'l pecto: ma qual son poria mai salir tant'alto? Piu volte incominciai di scriver versi: ma la penna et la mano et l'intellecto rimaser vinti nel primier assalto. 21 Mille fiate, o dolce mia guerrera, per aver co' begli occhi vostri pace v'aggio proferto il cor; ma voi non piace mirar si basso colla mente altera. Et se di lui fors'altra donna spera, vive in speranza debile et fallace: mio, perche sdegno cio ch'a voi dispiace, esser non puo gia mai cosi com'era. Or s'io lo scaccio, et e' non trova in voi ne l'exilio infelice alcun soccorso, ne sa star sol, ne gire ov'altri il chiama, poria smarrire il suo natural corso: che grave colpa fia d'ambeduo noi, et tanto piu de voi, quanto piu v'ama. 22 A qualunque animale alberga in terra, se non se alquanti ch'anno in odio il sole, tempo da travagliare e quanto e 'l giorno; ma poi che 'l ciel accende le sue stelle, qual torna a casa et qual s'anida in selva per aver posa almeno infin a l'alba. Et io, da che comincia la bella alba a scuoter l'ombra intorno de la terra svegliando gli animali in ogni selva, non o mai triegua di sospir' col sole; pur quand'io veggio fiammeggiar le stelle vo lagrimando, et disiando il giorno. Quando la sera scaccia il chiaro giorno, et le tenebre nostre altrui fanno alba, miro pensoso le crudeli stelle, che m'anno facto di sensibil terra; et maledico il di ch'i' vidi 'l sole, e che mi fa in vista un huom nudrito in selva. Non credo che pascesse mai per selva si aspra fera, o di nocte o di giorno, come costei ch'i 'piango a l'ombra e al sole; et non mi stancha primo sonno od alba: che, bench'i' sia mortal corpo di terra, lo mi fermo desir vien da le stelle. Prima ch'i' torni a voi, lucenti stelle, o torni giu ne l'amorosa selva, lassando il corpo che fia trita terra, vedess'io in lei pieta, che 'n un sol giorno puo ristorar molt'anni, e 'nanzi l'alba puommi arichir dal tramontar del sole. Con lei foss'io da che si parte il sole, et non ci vedess'altri che le stelle, sol una nocte, et mai non fosse l'alba; et non se transformasse in verde selva per uscirmi di braccia, come il giorno ch'Apollo la seguia qua giu per terra. Ma io saro sotterra in secca selva e 'l giorno andra pien di minute stelle prima ch'a si dolce alba arrivi il sole. 23 Nel dolce tempo de la prima etade, che nascer vide et anchor quasi in herba la fera voglia che per mio mal crebbe, perche cantando il duol si disacerba, cantero com'io vissi in libertade, mentre Amor nel mio albergo a sdegno s'ebbe. Poi seguiro si come a lui ne 'ncrebbe troppo altamente, e che di cio m'avvenne, di ch'io son facto a molta gente exempio: benche 'l mio duro scempio sia scripto altrove, si che mille penne ne son gia stanche, et quasi in ogni valle rimbombi il suon de' miei gravi sospiri, ch'aquistan fede a la penosa vita. E se qui la memoria non m'aita come suol fare, iscusilla i martiri, et un penser che solo angoscia dalle, tal ch'ad ogni altro fa voltar le spalle, e mi face obliar me stesso a forza: che ten di me quel d'entro, et io la scorza. I' dico che dal di che 'l primo assalto mi diede Amor, molt'anni eran passati, si ch'io cangiava il giovenil aspetto; e d'intorno al mio cor pensier' gelati facto avean quasi adamantino smalto ch'allentar non lassava il duro affetto. Lagrima anchor non mi bagnava il petto ne rompea il sonno, et quel che in me non era, mi pareva un miracolo in altrui. Lasso, che son! che fui! La vita el fin, e 'l di loda la sera. Che sentendo il crudel di ch'io ragiono infin allor percossa di suo strale non essermi passato oltra la gonna, prese in sua scorta una possente donna, ver' cui poco gia mai mi valse o vale ingegno, o forza, o dimandar perdono; e i duo mi trasformaro in quel ch'i' sono, facendomi d'uom vivo un lauro verde, che per fredda stagion foglia non perde. Qual mi fec'io quando primier m'accorsi de la trasfigurata mia persona, e i capei vidi far di quella fronde di che sperato avea gia lor corona, e i piedi in ch'io mi stetti, et mossi, et corsi, com'ogni membro a l'anima risponde, diventar due radici sovra l'onde non di Peneo, ma d'un piu altero fiume, e n' duo rami mutarsi ambe le braccia! Ne meno anchor m' agghiaccia l'esser coverto poi di bianche piume allor che folminato et morto giacque il mio sperar che tropp'alto montava: che perch'io non sapea dove ne quando me 'l ritrovasse, solo lagrimando la 've tolto mi fu, di e nocte andava, ricercando dallato, et dentro a l'acque; et gia mai poi la mia lingua non tacque mentre poteo del suo cader maligno: ond'io presi col suon color d'un cigno. Cosi lungo l'amate rive andai, che volendo parlar, cantava sempre merce chiamando con estrania voce; ne mai in si dolci o in si soavi tempre risonar seppi gli amorosi guai, che 'l cor s'umiliasse aspro et feroce. Qual fu a sentir? che 'l ricordar mi coce: ma molto piu di quel, che per inanzi de la dolce et acerba mia nemica e bisogno ch'io dica, benche sia tal ch'ogni parlare avanzi. Questa che col mirar gli animi fura, m'aperse il petto, e 'l cor prese con mano, dicendo a me: Di cio non far parola. Poi la rividi in altro habito sola, tal ch'i' non la conobbi, oh senso humano, anzi le dissi 'l ver pien di paura; ed ella ne l'usata sua figura tosto tornando, fecemi, oime lasso, d'un quasi vivo et sbigottito sasso. Ella parlava si turbata in vista, che tremar mi fea dentro a quella petra, udendo: I' non son forse chi tu credi. E dicea meco: Se costei mi spetra, nulla vita mi fia noiosa o trista; a farmi lagrimar, signor mio, riedi. Come non so: pur io mossi indi i piedi, non altrui incolpando che me stesso, mezzo tutto quel di tra vivo et morto. Ma perche 'l tempo e corto, la penna al buon voler non po gir presso: onde piu cose ne la mente scritte vo trapassando, et sol d'alcune parlo che meraviglia fanno a chi l'ascolta. Morte mi s'era intorno al cor avolta, ne tacendo potea di sua man trarlo, o dar soccorso a le vertuti afflitte; le vive voci m'erano interditte; ond'io gridai con carta et con incostro: Non son mio, no. S'io moro, il danno e vostro. Ben mi credea dinanzi agli occhi suoi d'indegno far cosi di merce degno, et questa spene m'avea fatto ardito: ma talora humilta spegne disdegno, talor l'enfiamma; et cio sepp'io da poi, lunga stagion di tenebre vestito: ch'a quei preghi il mio lume era sparito. Ed io non ritrovando intorno intorno ombra di lei, ne pur de' suoi piedi orma, come huom che tra via dorma, gittaimi stancho sovra l'erba un giorno. Ivi accusando il fugitivo raggio, a le lagrime triste allargai 'l freno, et lasciaile cader come a lor parve; ne gia mai neve sotto al sol disparve com'io senti' me tutto venir meno, et farmi una fontana a pie' d'un faggio. Gran tempo humido tenni quel viaggio. Chi udi mai d'uom vero nascer fonte? E parlo cose manifeste et conte. L'alma ch'e sol da Dio facta gentile, che gia d'altrui non po venir tal gratia, simile al suo factor stato ritene: pero di perdonar mai non e sacia a chi col core et col sembiante humile dopo quantunque offese a merce vene. Et se contra suo stile essa sostene d'esser molto pregata, in Lui si specchia, et fal perche 'l peccar piu si pavente: che non ben si ripente de l'un mal chi de l'altro s'apparecchia. Poi che madonna da pieta commossa degno mirarme, et ricognovve et vide gir di pari la pena col peccato, benigna mi redusse al primo stato. Ma nulla a 'l mondo in ch'uom saggio si fide: ch'ancor poi ripregando, i nervi et l'ossa mi volse in dura selce; et cosi scossa voce rimasi de l'antiche some, chiamando Morte, et lei sola per nome. Spirto doglioso errante (mi rimembra) per spelunche deserte et pellegrine, piansi molt'anni il mio sfrenato ardire: et anchor poi trovai di quel mal fine, et ritornai ne le terrene membra, credo per piu dolore ivi sentire. I' segui' tanto avanti il mio desire ch'un di cacciando si com'io solea mi mossi; e quella fera bella et cruda in una fonte ignuda si stava, quando 'l sol piu forte ardea. Io, perche d'altra vista non m'appago, stetti a mirarla: ond'ella ebbe vergogna; et per farne vendetta, o per celarse, l'acqua nel viso co le man' mi sparse. Vero diro (forse e' parra menzogna) ch'i' senti' trarmi de la propria imago, et in un cervo solitario et vago di selva in selva ratto mi trasformo: et anchor de' miei can' fuggo lo stormo. Canzon, i' non fu' mai quel nuvol d'oro che poi discese in pretiosa pioggia, si che 'l foco di Giove in parte spense; ma fui ben fiamma ch'un bel guardo accense, et fui l'uccel che piu per l'aere poggia, alzando lei che ne' miei detti honoro: ne per nova figura il primo alloro seppi lassar, che pur la sua dolce ombra ogni men bel piacer del cor mi sgombra. 24 Se l'onorata fronde che prescrive l'ira del ciel, quando 'l gran Giove tona, non m'avesse disdetta la corona che suole ornar chi poetando scrive, i'era amico a queste vostre dive le qua' vilmente il secolo abandona; ma quella ingiuria gia lunge mi sprona da l'inventrice de le prime olive: che non bolle la polver d'Ethiopia sotto 'l piu ardente sol, com'io sfavillo, perdendo tanto amata cosa propia. Cercate dunque fonte piu tranquillo, che 'l mio d'ogni liquor sostene inopia, salvo di quel che lagrimando stillo. 25 Amor piangeva, et io con lui talvolta, dal qual miei passi non fur mai lontani, mirando per gli effecti acerbi et strani l'anima vostra dei suoi nodi sciolta. Or ch'al dritto camin l'a Dio rivolta, col cor levando al cielo ambe le mani ringratio lui che' giusti preghi humani benignamente, sua mercede, ascolta. Et se tornando a l'amorosa vita, per farvi al bel desio volger le spalle, trovaste per la via fossati o poggi, fu per mostrar quanto e spinoso calle, et quanto alpestra et dura la salita, onde al vero valor conven ch'uom poggi. 26 Piu di me lieta non si vede a terra nave da l'onde combattuta et vinta, quando la gente di pieta depinta su per la riva a ringratiar s'atterra; ne lieto piu del carcer si diserra chi 'ntorno al collo ebbe la corda avinta, di me, veggendo quella spada scinta che fece al segnor mio si lunga guerra. Et tutti voi ch'Amor laudate in rima, al buon testor de gli amorosi detti rendete honor, ch'era smarrito in prima: che piu gloria e nel regno degli electi d'un spirito converso, et piu s'estima, che di novantanove altri perfecti. 27 Il successor di Carlo, che la chioma co la corona del suo antiquo adorna, prese a gia l'arme per fiacchar le corna a Babilonia, et chi da lei si noma; e 'l vicario de Cristo colla soma de le chiavi et del manto al nido torna, si che s'altro accidente nol distorna, vedra Bologna, et poi la nobil Roma. La mansueta vostra et gentil agna abbatte i fieri lupi: et cosi vada chiunque amor legitimo scompagna. Consolate lei dunque ch'anchor bada, et Roma che del suo sposo si lagna, et per Jesu cingete ormai la spada. 28 O aspectata in ciel beata et bella anima che di nostra humanitade vestita vai, non come l'altre carca: perche ti sian men dure omai le strade, a Dio dilecta, obediente ancella, onde al suo regno di qua giu si varca, ecco novellamente a la tua barca, ch'al cieco mondo ha gia volte le spalle per gir al miglior porto, d'un vento occidental dolce conforto; lo qual per mezzo questa oscura valle, ove piangiamo il nostro et l'altrui torto, la condurra de' lacci antichi sciolta, per drittissimo calle, al verace oriente ov'ella e volta. Forse i devoti et gli amorosi preghi et le lagrime sancte de' mortali son giunte inanzi a la pieta superna; et forse non fur mai tante ne tali che per merito lor punto si pieghi fuor de suo corso la giustitia eterna; ma quel benigno re che 'l ciel governa al sacro loco ove fo posto in croce gli occhi per gratia gira, onde nel petto al novo Karlo spira la vendetta ch'a noi tardata noce, si che molt'anni Europa ne sospira: cosi soccorre a la sua amata sposa tal che sol de la voce fa tremar Babilonia, et star pensosa. Chiunque alberga tra Garona e 'l monte e 'ntra 'l Rodano e 'l Reno et l'onde salse le 'nsegne cristianissime accompagna; et a cui mai di vero pregio calse, del Pireneo a l'ultimo orizonte con Aragon lassara vota Hispagna; Inghilterra con l'isole che bagna l'Occeano intra 'l Carro et le Colonne, infin la dove sona doctrina del sanctissimo Elicona, varie di lingue et d'arme, et de le gonne, a l'alta impresa caritate sprona. Deh qual amor si licito o si degno, qua' figli mai, qua' donne furon materia a si giusto disdegno? Una parte del mondo e che si giace mai sempre in ghiaccio et in gelate nevi tutta lontana dal camin del sole: la sotto i giorni nubilosi et brevi, nemica naturalmente di pace, nasce una gente a cui il morir non dole. Questa se, piu devota che non sole, col tedesco furor la spada cigne, turchi, arabi et caldei, con tutti quei che speran nelli dei di qua dal mar che fa l'onde sanguigne, quanto sian da prezzar, conoscer dei: popolo ignudo paventoso et lento, che ferro mai non strigne, ma tutt'i colpi suoi commette al vento. Dunque ora e 'l tempo da ritrare il collo dal giogo antico, et da squarciare il velo ch'e stato avolto intorno agli occhi nostri, et che 'l nobile ingegno che dal cielo per gratia tien' de l'immortale Apollo, et l'eloquentia sua vertu qui mostri or con la lingua, or co'laudati incostri: perche d'Orpheo leggendo et d'Amphione se non ti meravigli, assai men fia ch'Italia co' suoi figli si desti al suon del tuo chiaro sermone, tanto che per Jesu la lancia pigli; che s'al ver mira questa anticha madre, in nulla sua tentione fur mai cagion si belle o si leggiadre. Tu ch'ai, per arricchir d'un bel thesauro, volte le antiche et le moderne carte, volando al ciel colla terrena soma, sai da l'imperio del figliuol de Marte al grande Augusto che di verde lauro tre volte triumphando orno la chioma, ne l'altrui ingiurie del suo sangue Roma spesse fiate quanto fu cortese: et or perche non fia cortese no, ma conoscente et pia a vendicar le dispietate offese, col figliuol glorioso di Maria? Che dunque la nemica parte spera ne l'umane difese, se Cristo sta da la contraria schiera? Pon' mente al temerario ardir di Xerse, che fece per calcare i nostri liti di novi ponti oltraggio a la marina; et vedrai ne la morte de' mariti tutte vestite a brun le donne perse, et tinto in rosso il mar di Salamina. Et non pur questa misera ruina del popol infelice d'oriente victoria t'empromette, ma Marathona, et le mortali strette che difese il leon con poca gente, et altre mille ch'ai ascoltate et lette: Perche inchinare a Dio molto convene le ginocchia et la mente, che gli anni tuoi riserva a tanto bene. Tu vedrai Italia et l'onorata riva, canzon, ch'agli occhi miei cela et contende non mar, non poggio o fiume, ma solo Amor che del suo altero lume piu m'invaghisce dove piu m'incende: ne Natura puo star contra'l costume. Or movi, non smarrir l'altre compagne, che non pur sotto bende alberga Amor, per cui si ride et piagne. 29 Verdi panni, sanguigni, oscuri o persi non vesti donna unquancho ne d'or capelli in bionda treccia attorse, si bella com'e questa che mi spoglia d'arbitrio, et dal camin de libertade seco mi tira, si ch'io non sostegno alcun giogo men grave. Et se pur s'arma talor a dolersi l'anima a cui vien mancho consiglio, ove 'l martir l'adduce in forse, rappella lei da la sfrenata voglia subita vista, che del cor mi rade ogni delira impresa, et ogni sdegno fa 'l veder lei soave. Di quanto per Amor gia mai soffersi, et aggio a soffrir ancho, fin che mi sani 'l cor colei che 'l morse, rubella di merce, che pur l'envoglia, vendetta fia, sol che contra Humiltade Orgoglio et Ira il bel passo ond'io vegno non chiuda et non inchiave. Ma l'ora e 'l giorno ch'io le luci apersi nel bel nero et nel biancho che mi scacciar di la dove Amor corse, novella d'esta vita che m' addoglia furon radice, et quella in cui l'etade nostra si mira, la qual piombo o legno vedendo e chi non pave. Lagrima dunque che da gli occhi versi per quelle, che nel mancho lato mi bagna chi primier s'accorse, quadrella, dal voler mio non mi svoglia, che 'n giusta parte la sententia cade: per lei sospira l'alma, et ella e degno che le sue piaghe lave. Da me son fatti i miei pensier' diversi: tal gia, qual io mi stancho, l'amata spada in se stessa contorse; ne quella prego che pero mi scioglia, che men son dritte al ciel tutt'altre strade et non s'aspira al glorioso regno certo in piu salda nave. Benigne stelle che compagne fersi al fortunato fianco quando 'l bel parto giu nel mondo scorse! ch'e stella in terra, et come in lauro foglia conserva verde il pregio d'onestade, ove non spira folgore, ne indegno vento mai che l'aggrave. So io ben ch'a voler chiuder in versi suo laudi, fora stancho chi piu degna la mano a scriver porse: qual cella e di memoria in cui s'accoglia quanta vede vertu, quanta beltade, chi gli occhi mira d'ogni valor segno, dolce del mio cor chiave? Quando il sol gira, Amor piu caro pegno, donna, di voi non ave. 30 Giovene donna sotto un verde lauro vidi piu biancha et piu fredda che neve non percossa dal sol molti et molt'anni; e 'l suo parlare, e 'l bel viso, et le chiome mi piacquen si ch'i' l'o dinanzi agli occhi, ed avro sempre, ov'io sia, in poggio o 'n riva. Allor saranno i miei pensier a riva che foglia verde non si trovi in lauro; quando avro queto il core, asciutti gli occhi, vedrem ghiacciare il foco, arder la neve: non o tanti capelli in queste chiome quanti vorrei quel giorno attender anni. Ma perche vola il tempo, et fuggon gli anni, si ch'a la morte in un punto s'arriva, o colle brune o colle bianche chiome, seguiro l'ombra di quel dolce lauro per lo piu ardente sole et per la neve, fin che l'ultimo di chiuda quest'occhi. Non fur gia mai veduti si begli occhi o ne la nostra etade o ne' prim'anni, che mi struggon cosi come 'l sol neve; onde procede lagrimosa riva ch'Amor conduce a pie' del duro lauro ch'a i rami di diamante, et d'or le chiome. I' temo di cangiar pria volto et chiome che con vera pieta mi mostri gli occhi l'idolo mio, scolpito in vivo lauro: che s'al contar non erro, oggi a sett'anni che sospirando vo di riva in riva la notte e 'l giorno, al caldo ed a la neve. Dentro pur foco, et for candida neve, sol con questi pensier', con altre chiome, sempre piangendo andro per ogni riva, per far forse pieta venir negli occhi di tal che nascera dopo mill'anni, se tanto viver po ben colto lauro. L'auro e i topacii al sol sopra la neve vincon le bionde chiome presso agli occhi che menan gli anni miei si tosto a riva. 31 Questa anima gentil che si diparte, anzi tempo chiamata a l'altra vita, se lassuso e quanto esser de gradita, terra del ciel la piu beata parte. S'ella riman fra 'l terzo lume et Marte, fia la vista del sole scolorita, poi ch'a mirar sua bellezza infinita l'anime degne intorno a lei fien sparte. Se si posasse sotto al quarto nido, ciascuna de le tre saria men bella, et essa sola avria la fama e 'l grido; nel quinto giro non habitrebbe ella; ma se vola piu alto, assai mi fido che con Giove sia vinta ogni altra stella. 32 Quanto piu m'avicino al giorno extremo che l'umana miseria suol far breve, piu veggio il tempo andar veloce et leve, e 'l mio di lui sperar fallace et scemo. I' dico a' miei pensier': Non molto andremo d'amor parlando omai, che 'l duro et greve terreno incarco come frescha neve si va struggendo; onde noi pace avremo: perche co llui cadra quella speranza che ne fe' vaneggiar si lungamente, e 'l riso e 'l pianto, et la paura et l'ira; si vedrem chiaro poi come sovente per le cose dubbiose altri s'avanza, et come spesso indarno si sospira. 33 Gia fiammeggiava l'amorosa stella per l'oriente, et l'altra che Giunone suol far gelosa nel septentrione, rotava i raggi suoi lucente et bella; levata era a filar la vecchiarella, discinta et scalza, et desto avea 'l carbone, et gli amanti pungea quella stagione che per usanza a lagrimar gli appella: quando mia speme gia condutta al verde giunse nel cor, non per l'usata via, che 'l sonno tenea chiusa, e 'l dolor molle; quanto cangiata, oime, da quel di pria! Et parea dir: Perche tuo valor perde? Veder quest'occhi anchor non ti si tolle. 34 Apollo, s'anchor vive il bel desio che t'infiammava a le thesaliche onde, et se non ai l'amate chiome bionde, volgendo gli anni, gia poste in oblio: dal pigro gielo et dal tempo aspro et rio, che dura quanto 'l tuo viso s'asconde, difendi or l'onorata et sacra fronde, ove tu prima, et poi fu' invescato io; et per vertu de l'amorosa speme, che ti sostenne ne la vita acerba, di queste impression l'aere disgombra; si vedrem poi per meraviglia inseme seder la donna nostra sopra l'erba, et far de le sue braccia a se stessa ombra. 35 Solo et pensoso i piu d eserti campi vo mesurando a passi tardi et lenti, et gli occhi porto per fuggire intenti ove vestigio human l'arena stampi. Altro schermo non trovo che mi scampi dal manifesto accorger de le genti, perche negli atti d'alegrezza spenti di fuor si legge com'io dentro avampi: si ch'io mi credo omai che monti et piagge et fiumi et selve sappian di che tempre sia la mia vita, ch'e celata altrui. Ma pur si aspre vie ne si selvagge cercar non so ch'Amor non venga sempre ragionando con meco, et io co llui. 36 S'io credesse per morte essere scarco del pensiero amoroso che m'atterra, colle mie mani avrei gia posto in terra queste mie membra noiose, et quello incarco; ma perch'io temo che sarrebbe un varco di pianto in pianto, et d'una in altra guerra, di qua dal passo anchor che mi si serra mezzo rimango, lasso, et mezzo il varco. Tempo ben fora omai d'avere spinto l'ultimo stral la dispietata corda ne l'altrui sangue gia bagnato et tinto; et io ne prego Amore, et quella sorda che mi lasso de' suoi color' depinto, et di chiamarmi a se non le ricorda. 37 Si e debile il filo a cui s'attene la gravosa mia vita che, s'altri non l'aita, ella fia tosto di suo corso a riva; pero che dopo l'empia dipartita che dal dolce mio bene feci, sol una spene e stato infin a qui cagion ch'io viva, dicendo: Perche priva sia de l'amata vista, mantienti, anima trista; che sai s'a miglior tempo ancho ritorni et a piu lieti giorni, o se 'l perduto ben mai si racquista? Questa speranza mi sostenne un tempo: or vien mancando, et troppo in lei m'attempo. Il tempo passa, et l'ore son si pronte a fornire il viaggio, ch'assai spacio non aggio pur a pensar com'io corro a la morte: a pena spunta in oriente un raggio di sol, ch'a l'altro monte de l'adverso orizonte giunto il vedrai per vie lunghe et distorte. Le vite son si corte, si gravi i corpi et frali degli uomini mortali, che quando io mi ritrovo dal bel viso cotanto esser diviso, col desio non possendo mover l'ali, poco m'avanza del conforto usato, ne so quant'io mi viva in questo stato. Ogni loco m'atrista ov'io non veggio quei begli occhi soavi che portaron le chiavi de' miei dolci pensier', mentre a Dio piacque; et perche 'l duro exilio piu m'aggravi, s'io dormo o vado o seggio, altro gia mai non cheggio, et cio ch'i' vidi dopo lor mi spiacque. Quante montagne et acque, quanto mar, quanti fiumi m'ascondon que' duo lumi, che quasi un bel sereno a mezzo 'l die fer le tenebre mie, a cio che 'l rimembrar piu mi consumi, et quanto era mia vita allor gioiosa m'insegni la presente aspra et noiosa! Lasso, se ragionando si rinfresca quel' ardente desio che nacque il giorno ch'io lassai di me la miglior parte a dietro, et s'Amor se ne va per lungo oblio, chi mi conduce a l'esca, onde 'l mio dolor cresca? Et perche pria tacendo non m'impetro? Certo cristallo o vetro non mostro mai di fore nascosto altro colore, che l'alma sconsolata assai non mostri piu chiari i pensier' nostri, et la fera dolcezza ch'e nel core, per gli occhi che di sempre pianger vaghi cercan di et nocte pur chi glien'appaghi. Novo piacer che ne gli umani ingegni spesse volte si trova, d'amar qual cosa nova piu folta schiera di sospiri accoglia! Et io son un di quei che 'l pianger giova; et par ben ch'io m'ingegni che di lagrime pregni sien gli occhi miei si come 'l cor di doglia; et perche a ccio m'invoglia ragionar de' begli occhi, ne cosa e che mi tocchi o sentir mi si faccia cosi a dentro, corro spesso, et rientro, cola donde piu largo il duol trabocchi, et sien col cor punite ambe le luci, ch'a la strada d'Amor mi furon duci. Le treccie d'or che devrien fare il sole d'invidia molta ir pieno, e 'l bel guardo sereno, ove i raggi d'Amor si caldi sono che mi fanno anzi tempo venir meno, et l'accorte parole, rade nel mondo o sole, che mi fer gia di se cortese dono, mi son tolte; et perdono piu lieve ogni altra offesa, che l'essermi contesa quella benigna angelica salute che 'l mio cor a vertute destar solea con una voglia accesa: tal ch'io non penso udir cosa gia mai che mi conforte ad altro ch'a trar guai. Et per pianger anchor con piu diletto, le man' bianche sottili et le braccia gentili, et gli atti suoi soavemente alteri, e i dolci sdegni alteramente humili, e 'l bel giovenil petto, torre d'alto intellecto, mi celan questi luoghi alpestri et feri; et non so s'io mi speri vederla anzi ch'io mora: pero ch'ad ora ad ora s'erge la speme, et poi non sa star ferma, ma ricadendo afferma di mai non veder lei che 'l ciel honora, ov'alberga Honestade et Cortesia, et dov'io prego che 'l mio albergo sia. Canzon, s'al dolce loco la donna nostra vedi, credo ben che tu credi ch'ella ti porgera la bella mano, ond'io son si lontano. Non la toccar; ma reverente ai piedi le di' ch'io saro la tosto ch'io possa, o spirto ignudo od uom di carne et d'ossa. 38 Orso, e' non furon mai fiumi ne stagni, ne mare, ov'ogni rivo si disgombra, ne di muro o di poggio o di ramo ombra, ne nebbia che 'l ciel copra e 'l mondo bagni, ne altro impedimento, ond'io mi lagni, qualunque piu l'umana vista ingombra, quanto d'un vel che due begli occhi adombra, et par che dica: Or ti consuma et piagni. Et quel lor inchinar ch'ogni mia gioia spegne o per humiltate o per argoglio, cagion sara che 'nanzi tempo i' moia. Et d'una bianca mano ancho mi doglio, ch'e stata sempre accorta a farmi noia, et contra gli occhi miei s'e fatta scoglio. 39 Io temo si de' begli occhi l'assalto ne' quali Amore et la mia morte alberga, ch'i' fuggo lor come fanciul la verga, et gran tempo e ch'i' presi il primier salto. Da ora inanzi faticoso od alto loco non fia, dove 'l voler non s'erga per no scontrar chi miei sensi disperga lassando come suol me freddo smalto. Dunque s'a veder voi tardo mi volsi per non ravvicinarmi a chi mi strugge, fallir forse non fu di scusa indegno. Piu dico, che 'l tornare a quel ch'uom fugge, e 'l cor che di paura tanta sciolsi, fur de la mia fede non leggier pegno. 40 S'Amore o Morte non da qualche stroppio a la tela novella ch'ora ordisco, et s'io mi svolvo dal tenace visco, mentre che l'un coll'altro vero accoppio, i' faro forse un mio lavor si doppio tra lo stil de' moderni e 'l sermon prisco, che, paventosamente a dirlo ardisco, infin a Roma n'udirai lo scoppio. Ma pero che mi mancha a fornir l'opra alquanto de le fila benedette ch'avanzaro a quel mio dilecto padre, perche tien' verso me le man' si strette, contra tua usanza? I' prego che tu l'opra, e vedrai riuscir cose leggiadre. 41 Quando dal proprio sito si rimove l'arbor ch'amo gia Phebo in corpo humano, sospira et suda a l'opera Vulcano, per rinfrescar l'aspre saette a Giove: il qual or tona, or nevicha et or piove, senza honorar piu Cesare che Giano; la terra piange, e 'l sol ci sta lontano, che la sua cara amica ved'altrove. Allor riprende ardir Saturno et Marte, crudeli stelle, et Orione armato spezza a' tristi nocchier' governi et sarte; Eolo a Neptuno et a Giunon turbato fa sentire, et a noi, come si parte il bel viso dagli angeli aspectato. 42 Ma poi che 'l dolce riso humile et piano piu non asconde sue bellezze nove, le braccia a la fucina indarno move l'antiquissimo fabbro ciciliano, ch'a Giove tolte son l'arme di mano temprate in Mongibello a tutte prove, et sua sorella par che si rinove nel bel guardo d'Apollo a mano a mano. Del lito occidental si move un fiato, che fa securo il navigar senza arte, et desta i fior' tra l'erba in ciascun prato. Stelle noiose fuggon d'ogni parte, disperse dal bel viso inamorato, per cui lagrime molte son gia sparte. 43 Il figliuol di Latona avea gia nove volte guardato dal balcon sovrano, per quella ch'alcun tempo mosse invano i suoi sospiri, et or gli altrui commove. Poi che cercando stanco non seppe ove s'albergasse, da presso o di lontano, mostrossi a noi qual huom per doglia insano, che molto amata cosa non ritrove. Et cosi tristo standosi in disparte, tornar non vide il viso, che laudato sara s'io vivo in piu di mille carte; et pieta lui medesmo avea cangiato, si che' begli occhi lagrimavan parte: pero l'aere ritenne il primo stato. 44 Que'che 'n Tesaglia ebbe le man' si pronte a farla del civil sangue vermiglia, pianse morto il marito di sua figlia, raffigurato a le fatezze conte; e 'l pastor ch'a Golia ruppe la fronte, pianse la ribellante sua famiglia, et sopra 'l buon Saul cangio le ciglia, ond'assai puo dolersi il fiero monte. Ma voi che mai pieta non discolora, et ch'avete gli schermi sempre accorti contra l'arco d'Amor che 'ndarno tira, mi vedete straziare a mille morti: ne lagrima pero discese anchora da' be' vostr'occhi, ma disdegno et ira. 45 Il mio adversario in cui veder solete gli occhi vostri ch'Amore e 'l ciel honora, colle non sue bellezze v'innamora piu che 'n guisa mortal soavi et liete. Per consiglio di lui, donna, m'avete scacciato del mio dolce albergo fora: misero exilio, avegna ch'i' non fora d'abitar degno ove voi sola siete. Ma s'io v'era con saldi chiovi fisso, non devea specchio farvi per mio danno, a voi stessa piacendo, aspra et superba. Certo, se vi rimembra di Narcisso, questo et quel corso ad un termino vanno, benche di si bel fior sia indegna l'erba. 46 L'oro et le perle e i fior' vermigli e i bianchi, che 'l verno devria far languidi et secchi, son per me acerbi et velenosi stecchi, ch'io provo per lo petto et per li fianchi. Pero i di miei fien lagrimosi et manchi, che gran duol rade volte aven che 'nvecchi: ma piu ne colpo i micidiali specchi, che 'n vagheggiar voi stessa avete stanchi. Questi poser silentio al signor mio, che per me vi pregava, ond'ei si tacque, veggendo in voi finir vostro desio; questi fuor fabbricati sopra l'acque d'abisso, et tinti ne l'eterno oblio, onde 'l principio de mia morte nacque. 47 Io sentia dentr'al cor gia venir meno gli spirti che da voi ricevon vita; et perche naturalmente s'aita contra la morte ogni animal terreno, largai 'l desio, ch'i teng'or molto a freno, et misil per la via quasi smarrita: pero che di et notte indi m'invita, et io contra sua voglia altronde 'l meno. Et mi condusse, vergognoso et tardo, a riveder gli occhi leggiadri, ond'io per non esser lor grave assai mi guardo. Vivrommi un tempo omai, ch'al viver mio tanta virtute a sol un vostro sguardo; et poi morro, s'io non credo al desio. 48 Se mai foco per foco non si spense, ne fiume fu gia mai secco per pioggia, ma sempre l'un per l'altro simil poggia, et spesso l'un contrario l'altro accense, Amor, tu che' pensier' nostri dispense, al qual un'alma in duo corpi s'appoggia, perche fai in lei con disusata foggia men per molto voler le voglie intense? Forse si come 'l Nil d'alto caggendo col gran suono i vicin' d'intorno assorda, e 'l sole abbaglia chi ben fiso 'l guarda, cosi 'l desio che seco non s'accorda, ne lo sfrenato obiecto vien perdendo, et per troppo spronar la fuga e tarda. 49 Perch'io t'abbia guardato di menzogna a mio podere et honorato assai, ingrata lingua, gia pero non m'ai renduto honor, ma facto ira et vergogna: che quando piu 'l tuo aiuto mi bisogna per dimandar mercede, allor ti stai sempre piu fredda, et se parole fai, son imperfecte, et quasi d'uom che sogna. Lagrime triste, et voi tutte le notti m'accompagnate, ov'io vorrei star solo, poi fuggite dinanzi a la mia pace; et voi si pronti a darmi angoscia et duolo, sospiri, allor traete lenti et rotti: sola la vista mia del cor non tace. 50 Ne la stagion che 'l ciel rapido inchina verso occidente, et che 'l di nostro vola a gente che di la forse l'aspetta, veggendosi in lontan paese sola, la stancha vecchiarella pellegrina raddoppia i passi, et piu et piu s'affretta; et poi cosi soletta al fin di sua giornata talora e consolata d'alcun breve riposo, ov'ella oblia la noia e 'l mal de la passata via. Ma, lasso, ogni dolor che 'l di m'adduce cresce qualor s'invia per partirsi da noi l'eterna luce. Come 'l sol volge le 'nfiammate rote per dar luogo a la notte, onde discende dagli altissimi monti maggior l'ombra, l'avaro zappador l'arme riprende, et con parole et con alpestri note ogni gravezza del suo petto sgombra; et poi la mensa ingombra di povere vivande, simili a quelle ghiande, le qua' fuggendo tutto 'l mondo honora. Ma chi vuol si rallegri ad ora ad ora, ch'i' pur non ebbi anchor, non diro lieta, ma riposata un'hora, ne per volger di ciel ne di pianeta. Quando vede 'l pastor calare i raggi del gran pianeta al nido ov'egli alberga, e 'nbrunir le contrade d'oriente, drizzasi in piedi, et co l'usata verga, lassando l'erba et le fontane e i faggi, move la schiera sua soavemente; poi lontan da la gente o casetta o spelunca di verdi frondi ingiuncha: ivi senza pensier' s'adagia et dorme. Ahi crudo Amor, ma tu allor piu mi 'nforme a seguir d'una fera che mi strugge, la voce e i passi et l'orme, et lei non stringi che s'appiatta et fugge. E i naviganti in qualche chiusa valle gettan le menbra, poi che 'l sol s'asconde, sul duro legno, et sotto a l'aspre gonne. Ma io, perche s'attuffi in mezzo l'onde, et lasci Hispagna dietro a le sue spalle, et Granata et Marroccho et le Colonne, et gli uomini et le donne e 'l mondo et gli animali aquetino i lor mali, fine non pongo al mio obstinato affanno; et duolmi ch'ogni giorno arroge al danno, ch'i' son gia pur crescendo in questa voglia ben presso al decim'anno, ne poss'indovinar chi me ne scioglia. Et perche un poco nel parlar mi sfogo, veggio la sera i buoi tornare sciolti da le campagne et da' solcati colli: i miei sospiri a me perche non tolti quando che sia? perche no 'l grave giogo? perche di et notte gli occhi miei son molli? Misero me, che volli quando primier si fiso gli tenni nel bel viso per iscolpirlo imaginando in parte onde mai ne per forza ne per arte mosso sara, fin ch'i' sia dato in preda a chi tutto diparte! Ne so ben ancho che di lei mi creda. Canzon, se l'esser meco dal matino a la sera t'a fatto di mia schiera, tu non vorrai mostrarti in ciascun loco; et d'altrui loda curerai si poco, ch'assai ti fia pensar di poggio in poggio come m'a concio 'l foco di questa viva petra, ov'io m'appoggio. 51 Poco era ad appressarsi agli occhi miei la luce che da lunge gli abbarbaglia, che, come vide lei cangiar Thesaglia, cosi cangiato ogni mia forma avrei. Et s'io non posso transformarmi in lei piu ch'i' mi sia (non ch'a merce mi vaglia), di qual petra piu rigida si 'ntaglia pensoso ne la vista oggi sarei, o di diamante, o d'un bel marmo biancho, per la paura forse, o d'un diaspro, pregiato poi dal vulgo avaro et scioccho; et sarei fuor del grave giogo et aspro, per cui i' o invidia di quel vecchio stancho che fa con le sue spalle ombra a Marroccho. 52 Non al suo amante piu Diana piacque, quando per tal ventura tutta ignuda la vide in mezzo de le gelide acque, ch'a me la pastorella alpestra et cruda posta a bagnar un leggiadretto velo, ch'a l'aura il vago et biondo capel chiuda, tal che mi fece, or quand'egli arde 'l cielo, tutto tremar d'un amoroso gielo. 53 Spirto gentil, che quelle membra reggi dentro le qua' peregrinando alberga un signor valoroso, accorto et saggio, poi che se' giunto a l'onorata verga colla qual Roma et i suoi erranti correggi, et la richiami al suo antiquo viaggio, io parlo a te, pero ch'altrove un raggio non veggio di vertu, ch'al mondo e spenta, ne trovo chi di mal far si vergogni. Che s'aspetti non so, ne che s'agogni, Italia, che suoi guai non par che senta: vecchia, otiosa et lenta, dormira sempre, et non fia chi la svegli? Le man' l'avess'io avolto entro' capegli. Non spero che gia mai dal pigro sonno mova la testa per chiamar ch'uom faccia, si gravemente e oppressa et di tal soma; ma non senza destino a le tue braccia, che scuoter forte et sollevarla ponno, e or commesso il nostro capo Roma. Pon' man in quella venerabil chioma securamente, et ne le treccie sparte, si che la neghittosa esca del fango. I' che di et notte del suo strazio piango, di mia speranza o in te la maggior parte: che se 'l popol di Marte devesse al proprio honore alzar mai gli occhi, parmi pur ch'a' tuoi di la gratia tocchi. L'antiche mura ch'anchor teme et ama et trema 'l mondo, quando si rimembra del tempo andato e 'n dietro si rivolve, e i sassi dove fur chiuse le membra di ta' che non saranno senza fama, se l'universo pria non si dissolve, et tutto quel ch'una ruina involve, per te spera saldar ogni suo vitio. O grandi Scipioni, o fedel Bruto, quanto v'aggrada, s'egli e anchor venuto romor la giu del ben locato officio! Come cre' che Fabritio si faccia lieto, udendo la novella! Et dice: Roma mia sara anchor bella. Et se cosa di qua nel ciel si cura, l'anime che lassu son citadine, et anno i corpi abandonati in terra, del lungo odio civil ti pregan fine, per cui la gente ben non s'assecura, onde 'l camin a' lor tecti si serra: che fur gia si devoti, et ora in guerra quasi spelunca di ladron' son fatti, tal ch'a' buon' solamente uscio si chiude, et tra gli altari et tra le statue ignude ogni impresa crudel par che se tratti. Deh quanto diversi atti! Ne senza squille s'incommincia assalto, che per Dio ringraciar fur poste in alto. Le donne lagrimose, e 'l vulgo inerme de la tenera etate, e i vecchi stanchi ch'anno se in odio et la soverchia vita, e i neri fraticelli e i bigi e i bianchi, coll'altre schiere travagliate e 'nferme, gridan: O signor nostro, aita, aita. Et la povera gente sbigottita ti scopre le sue piaghe a mille a mille, ch'Anibale, non ch'altri, farian pio. Et se ben guardi a la magion di Dio ch'arde oggi tutta, assai poche faville spegnendo, fien tranquille le voglie, che si mostran si 'nfiammate, onde fien l'opre tue nel ciel laudate. Orsi, lupi, leoni, aquile et serpi ad una gran marmorea colomna fanno noia sovente, et a se danno. Di costor piange quella gentil donna che t'a chiamato a cio che di lei sterpi le male piante, che fiorir non sanno. Passato e gia piu che 'l millesimo anno che 'n lei mancar quell'anime leggiadre che locata l'avean la dov'ell'era. Ahi nova gente oltra misura altera, irreverente a tanta et a tal madre! Tu marito, tu padre: ogni soccorso di tua man s'attende, che 'l maggior padre ad altr'opera intende. Rade volte adiven ch'a l'alte imprese fortuna ingiuriosa non contrasti, ch'agli animosi fatti mal s'accorda. Ora sgombrando 'l passo onde tu intrasti, famisi perdonar molt'altre offese, ch'almen qui da se stessa si discorda: pero che, quanto 'l mondo si ricorda, ad huom mortal non fu aperta la via per farsi, come a te, di fama eterno, che puoi drizzar, s'i' non falso discerno, in stato la piu nobil monarchia. Quanta gloria ti fia dir: Gli altri l'aitar giovene et forte; questi in vecchiezza la scampo da morte. Sopra 'l monte Tarpeio, canzon, vedrai un cavalier, ch'Italia tutta honora, pensoso piu d'altrui che di se stesso. Digli: Un che non ti vide anchor da presso, se non come per fama huom s'innamora, dice che Roma ognora con gli occhi di dolor bagnati et molli ti chier merce da tutti sette i colli. 54 Perch'al viso d'Amor portava insegna, mosse una pellegrina il mio cor vano, ch'ogni altra mi parea d'onor men degna. Et lei seguendo su per l'erbe verdi, udi' dir alta voce di lontano: Ahi, quanti passi per la selva perdi! Allor mi strinsi a l'ombra d'un bel faggio, tutto pensoso; et rimirando intorno, vidi assai periglioso il mio viaggio; et tornai indietro quasi a mezzo 'l giorno. 55 Quel foco ch'i' pensai che fosse spento dal freddo tempo et da l'eta men fresca, fiamma et martir ne l'anima rinfresca. Non fur mai tutte spente, a quel ch'i' veggio, ma ricoperte alquanto le faville, et temo no 'l secondo error sia peggio. Per lagrime ch'i' spargo a mille a mille conven che 'l duol per gli occhi si distille dal cor, ch'a seco le faville et l'esca: non pur qual fu, ma pare a me che cresca. Qual foco non avrian gia spento et morto l'onde che gli occhi tristi versan sempre? Amor, avegna mi sia tardi accorto, vol che tra duo contrari mi distempre; et tende lacci in si diverse tempre, che quand'o piu speranza che 'l cor n'esca, allor piu nel bel viso mi rinvesca. 56 Se col cieco desir che 'l cor distrugge contando l'ore no m'inganno io stesso, ora mentre ch'io parlo il tempo fugge ch'a me fu inseme et a merce promesso. Qual ombra e si crudel che 'l seme adugge, ch'al disiato frutto era si presso? et dentro dal mio ovil qual fera rugge? tra la spiga et la man qual muro e messo? Lasso, nol so; ma si conosco io bene che per far piu dogliosa la mia vita amor m'addusse in si gioiosa spene. Et or di quel ch'i' o lecto mi sovene, che 'nanzi al di de l'ultima partita huom beato chiamar non si convene. 57 Mie venture al venir son tarde et pigre, la speme incerta, e 'l desir monta et cresce, onde e 'l lassare et l'aspectar m'incresce; et poi al partir son piu levi che tigre. Lasso, le nevi fien tepide et nigre, e 'l mar senz'onda, et per l'alpe ogni pesce, et corcherassi il sol la oltre ond'esce d'un medesimo fonte Eufrate et Tigre, prima ch'i' trovi in cio pace ne triegua, o Amore o madonna altr'uso impari, che m'anno congiurato a torto incontra. Et s'i' o alcun dolce, e dopo tanti amari, che per disdegno il gusto si dilegua: altro mai di lor gratie non m'incontra. 58 La guancia che fu gia piangendo stancha riposate su l'un, signor mio caro, et siate ormai di voi stesso piu avaro a quel crudel che ' suoi seguaci imbiancha. Coll'altro richiudete da man mancha la strada a' messi suoi ch'indi passaro, mostrandovi un d'agosto et di genaro, perch'a la lunga via tempo ne mancha. E col terzo bevete un suco d'erba che purghe ogni pensier che 'l cor afflige, dolce a la fine, et nel principio acerba. Me riponete ove 'l piacer si serba, tal ch'i' non tema del nocchier di Stige, se la preghiera mia non e superba. 59 Perche quel che mi trasse ad amar prima, altrui colpa mi toglia, del mio fermo voler gia non mi svoglia. Tra le chiome de l'or nascose il laccio, al qual mi strinse, Amore; et da' begli occhi mosse il freddo ghiaccio, che mi passo nel core, con la vertu d'un subito splendore, che d'ogni altra sua voglia sol rimembrando anchor l'anima spoglia. Tolta m'e poi di que' biondi capelli, lasso, la dolce vista; e 'l volger de' duo lumi honesti et belli col suo fuggir m'atrista; ma perche ben morendo honor s'acquista, per morte ne per doglia non vo' che da tal nodo Amor mi scioglia. 60 L'arbor gentil che forte amai molt'anni, mentre i bei rami non m'ebber a sdegno fiorir faceva il mio debile ingegno e la sua ombra, et crescer negli affanni. Poi che, securo me di tali inganni, fece di dolce se spietato legno, i' rivolsi i pensier' tutti ad un segno, che parlan sempre de' lor tristi danni. Che pora dir chi per amor sospira, s'altra speranza le mie rime nove gli avessir data, et per costei la perde? Ne poeta ne colga mai, ne Giove la privilegi, et al Sol venga in ira, tal che si secchi ogni sua foglia verde. 61 Benedetto sia 'l giorno, et 'l mese, et l'anno, et la stagione, e 'l tempo, et l'ora, e 'l punto, e 'l bel paese, e 'l loco ov'io fui giunto da'duo begli occhi che legato m'anno; et benedetto il primo dolce affanno ch'i' ebbi ad esser con Amor congiunto, et l'arco, et le saette ond'i' fui punto, et le piaghe che 'nfin al cor mi vanno. Benedette le voci tante ch'io chiamando il nome de mia donna o sparte, e i sospiri, et le lagrime, e 'l desio; et benedette sian tutte le carte ov'io fama l'acquisto, e 'l pensier mio, ch'e sol di lei, si ch'altra non v'a parte. 62 Padre del ciel, dopo i perduti giorni, dopo le notti vaneggiando spese, con quel fero desio ch'al cor s'accese, mirando gli atti per mio mal si adorni, piacciati omai col Tuo lume ch'io torni ad altra vita et a piu belle imprese, si ch'avendo le reti indarno tese, il mio duro adversario se ne scorni. Or volge, Signor mio, l'undecimo anno ch'i' fui sommesso al dispietato giogo che sopra i piu soggetti e piu feroce. Miserere del mio non degno affanno; reduci i pensier' vaghi a miglior luogo; ramenta lor come oggi fusti in croce. 63 Volgendo gli occhi al mio novo colore che fa di morte rimembrar la gente, pieta vi mosse; onde, benignamente salutando, teneste in vita il core. La fraile vita, ch'ancor meco alberga, fu de' begli occhi vostri aperto dono, et de la voce angelica soave. Da lor conosco l'esser ov'io sono: che, come suol pigro animal per verga, cosi destaro in me l'anima grave. Del mio cor, donna, l'una et l'altra chiave avete in mano; et di cio son contento, presto di navigare a ciascun vento, ch'ogni cosa da voi m'e dolce honore. 64 Se voi poteste per turbati segni, per chinar gli occhi, o per piegar la testa, o per esser piu d'altra al fuggir presta, torcendo 'l viso a' preghi honesti et degni, uscir gia mai, over per altri ingegni, del petto ove dal primo lauro innesta Amor piu rami, i' direi ben che questa fosse giusta cagione a' vostri sdegni: che gentil pianta in arido terreno par che si disconvenga, et pero lieta naturalmente quindi si diparte; ma poi vostro destino a voi pur vieta l'esser altrove, provedete almeno di non star sempre in odiosa parte. 65 Lasso, che mal accorto fui da prima nel giorno ch'a ferir mi venne Amore, ch'a passo a passo e poi fatto signore de la mia vita, et posto in su la cima. Io non credea per forza di sua lima che punto di fermezza o di valore mancasse mai ne l'indurato core; ma cosi va, chi sopra 'l ver s'estima. Da ora inanzi ogni difesa e tarda, altra che di provar s'assai o poco questi preghi mortali Amore sguarda. Non prego gia, ne puote aver piu loco, che mesuratamente il mio cor arda, ma che sua parte abbia costei del foco. 66 L'aere gravato, et l'importuna nebbia compressa intorno da rabbiosi venti tosto conven che si converta in pioggia; et gia son quasi di cristallo i fiumi, e 'n vece de l'erbetta per le valli non se ved'altro che pruine et ghiaccio. Et io nel cor via piu freddo che ghiaccio o di gravi pensier' tal una nebbia, qual si leva talor di queste valli, serrate incontra agli amorosi venti, et circundate di stagnanti fiumi, quando cade dal ciel piu lenta pioggia. In picciol tempo passa ogni gran pioggia, e 'l caldo fa sparir le nevi e 'l ghiaccio, di che vanno superbi in vista i fiumi; ne mai nascose il ciel si folta nebbia che sopragiunta dal furor d'i venti non fugisse dai poggi et da le valli. Ma, lasso, a me non val fiorir de valli, anzi piango al sereno et a la pioggia et a' gelati et a' soavi venti: ch'allor fia un di madonna senza 'l ghiaccio dentro, et di for senza l'usata nebbia, ch'i' vedro secco il mare, e' laghi, e i fiumi. Mentre ch'al mar descenderanno i fiumi et le fiere ameranno ombrose valli, fia dinanzi a' begli occhi quella nebbia che fa nascer d'i miei continua pioggia, et nel bel petto l'indurato ghiaccio che tra del mio si dolorosi venti. Ben debbo io perdonare a tutti venti, per amor d'un che 'n mezzo di duo fiumi mi chiuse tra 'l bel verde e 'l dolce ghiaccio, tal ch'i' depinsi poi per mille valli l'ombra ov'io fui, che ne calor ne pioggia ne suon curava di spezzata nebbia. Ma non fuggio gia mai nebbia per venti, come quel di, ne mai fiumi per pioggia, ne ghiaccio quando 'l sole apre le valli. 67 Del mar Tirreno a la sinistra riva, dove rotte dal vento piangon l'onde, subito vidi quella altera fronde di cui conven che 'n tante carte scriva. Amor, che dentro a l'anima bolliva, per rimembranza de le treccie bionde mi spinse, onde in un rio che l'erba asconde caddi, non gia come persona viva. Solo ov'io era tra boschetti et colli vergogna ebbi di me, ch'al cor gentile basta ben tanto, et altro spron non volli. Piacemi almen d'aver cangiato stile da gli occhi a' pie', se del lor esser molli gli altri asciugasse un piu cortese aprile. 68 L'aspetto sacro de la terra vostra mi fa del mal passato tragger guai, gridando: Sta' su, misero, che fai?; et la via de salir al ciel mi mostra. Ma con questo pensier un altro giostra, et dice a me: Perche fuggendo vai? se ti rimembra, il tempo passa omai di tornar a veder la donna nostra. I' che 'l suo ragionar intendo, allora m'agghiaccio dentro, in guisa d'uom ch'ascolta novella che di subito l'accora. Poi torna il primo, et questo da la volta: qual vincera, non so; ma 'nfino ad ora combattuto anno, et non pur una volta. 69 Ben sapeva io che natural consiglio, Amor, contra di te gia mai non valse, tanti lacciuol', tante impromesse false, tanto provato avea 'l tuo fiero artiglio. Ma novamente, ond'io mi meraviglio (dirol, come persona a cui ne calse, e che 'l notai la sopra l'acque salse, tra la riva toscana et l'Elba et Giglio), i' fuggia le tue mani, et per camino, agitandom'i venti e 'l ciel et l'onde, m'andava sconosciuto et pellegrino: quando ecco i tuoi ministri, i' non so donde, per darmi a diveder ch'al suo destino mal chi contrasta, et mal chi si nasconde. 70 Lasso me, ch'i' non so in qual parte pieghi la speme, ch'e tradita omai piu volte: che se non e chi con pieta m'ascolte, perche sparger al ciel si spessi preghi? Ma s'egli aven ch'anchor non mi si nieghi finir anzi 'l mio fine queste voci meschine, non gravi al mio signor perch'io il ripreghi di dir libero un di tra l'erba e i fiori: Drez et rayson es qu'ieu ciant e 'm demori. Ragione e ben ch'alcuna volta io canti, pero ch'o sospirato si gran tempo che mai non incomincio assai per tempo per adequar col riso i dolor' tanti. Et s'io potesse far ch'agli occhi santi porgesse alcun dilecto qualche dolce mio detto, o me beato sopra gli altri amanti! Ma piu quand'io diro senza mentire: Donna mi priegha, per ch'io voglio dire. Vaghi pensier' che cosi passo passo scorto m'avete a ragionar tant'alto, vedete che madonna a 'l cor di smalto, si forte ch'io per me dentro nol passo. Ella non degna di mirar si basso che di nostre parole curi, che 'l ciel non vole, al qual pur contrastando i' son gia lasso: onde, come nel cor m'induro e n'aspro, cosi nel mio parlar voglio esser aspro. Che parlo? o dove sono? e chi m'inganna, altri ch'io stesso e 'l desiar soverchio? Gia s'i'trascorro il ciel di cerchio in cerchio, nessun pianeta a pianger mi condanna. Se mortal velo il mio veder appanna, che colpa e de le stelle, o de le cose belle? Meco si sta chi di et notte m'affanna, poi che del suo piacer mi fe' gir grave la dolce vista e 'l bel guardo soave. Tutte le cose, di che 'l mondo e adorno uscir buone de man del mastro eterno; ma me, che cosi adentro non discerno, abbaglia il bel che mi si mostra intorno; et s'al vero splendor gia mai ritorno, l'occhio non po' star fermo, cosi l'a fatto infermo pur la sua propria colpa, et non quel giorno ch'i' volsi inver' l'angelica beltade nel dolce tempo de la prima etade. 71 Perche la vita e breve, et l'ingegno paventa a l'alta impresa, ne di lui ne di lei molto mi fido; ma spero che sia intesa la dov'io bramo, et la dove esser deve, la doglia mia la qual tacendo i' grido. Occhi leggiadri dove Amor fa nido, a voi rivolgo il mio debile stile, pigro da se, ma 'l gran piacer lo sprona; et chi di voi ragiona tien dal soggetto un habito gentile, che con l'ale amorose levando il parte d'ogni pensier vile. Con queste alzato vengo a dir or cose ch'o portate nel cor gran tempo ascose. Non perch'io non m'aveggia quanto mia laude e 'ngiuriosa a voi: ma contrastar non posso al gran desio, lo quale e 'n me da poi ch'i' vidi quel che pensier non pareggia, non che l'avagli altrui parlar o mio. Principio del mio dolce stato rio, altri che voi so ben che non m'intende. Quando agli ardenti rai neve divegno, vostro gentile sdegno forse ch'allor mia indignitate offende. Oh, se questa temenza non temprasse l'arsura che m'incende, beato venir men! che 'n lor presenza m'e piu caro il morir che 'l viver senza. Dunque ch'i' non mi sfaccia, si frale obgetto a si possente foco, non e proprio valor che me ne scampi; ma la paura un poco, che 'l sangue vago per le vene agghiaccia, risalda 'l cor, perche piu tempo avampi. O poggi, o valli, o fiumi, o selve, o campi, o testimon' de la mia grave vita, quante volte m'udiste chiamar morte! Ahi dolorosa sorte lo star mi strugge, e 'l fuggir non m'aita. Ma se maggior paura non m'affrenasse, via corta et spedita trarrebbe a fin questa apra pena et dura; et la colpa e di tal che non a cura. Dolor perche mi meni fuor di camin a dir quel ch'i' non voglio? Sostien ch'io vada ove 'l piacer mi spigne. Gia di voi non mi doglio, occhi sopra 'l mortal corso sereni, ne di lui ch'a tal nodo mi distrigne. Vedete ben quanti color' depigne Amor sovente in mezzo del mio volto, et potrete pensar qual dentro fammi, la 've di et notte stammi adosso, col poder ch'a in voi raccolto, luci beate et liete se non che 'l veder voi stesse v'e tolto; ma quante volte a me vi rivolgete, conoscete in altrui quel che voi siete. S'a voi fosse si nota la divina incredibile bellezza di ch'io ragiono, come a chi la mira, misurata allegrezza non avria 'l cor: pero forse e remota dal vigor natural che v'apre et gira. Felice l'alma che per voi sospira, lumi del ciel, per li quali io ringratio la vita che per altro non m'e a grado! Oime, perche si rado mi date quel dond'io mai non son satio? Perche non piu sovente mirate qual Amor di me fa stracio? E perche mi spogliate immantanente del ben ch'ad ora ad or l'anima sente? Dico ch'ad ora ad ora, vostra mercede, i' sento in mezzo l'alma una dolcezza inusitata et nova, la qual ogni altra salma di noiosi pensier' disgombra allora, si che di mille un sol vi si ritrova: quel tanto a me, non piu, del viver giova. Et se questo mio ben durasse alquanto, nullo stato aguagliarse al mio porrebbe; ma forse altrui farrebbe invido, et me superbo l'onor tanto: pero, lasso, convensi che l'extremo del riso assaglia il pianto, e 'nterrompendo quelli spirti accensi a me ritorni, et di me stesso pensi. L'amoroso pensero ch'alberga dentro, in voi mi si discopre tal che mi tra del cor ogni altra gioia; onde parole et opre escon di me si fatte allor ch'i' spero farmi immortal, perche la carne moia. Fugge al vostro apparire angoscia et noia, et nel vostro partir tornano insieme. Ma perche la memoria innamorata chiude lor poi l'entrata, di la non vanno da le parti extreme; onde s'alcun bel frutto nasce di me, da voi vien prima il seme: io per me son quasi un terreno asciutto, colto da voi, e 'l pregio e vostro in tutto. Canzon, tu non m'acqueti, anzi m'infiammi a dir di quel ch'a me stesso m'invola: pero sia certa de non esser sola. 72 Gentil mia donna, i' veggio nel mover de' vostr'occhi un dolce lume che mi mostra la via ch'al ciel conduce; et per lungo costume, dentro la dove sol con Amor seggio, quasi visibilmente il cor traluce. Questa e la vista ch'a ben far m'induce, et che mi scorge al glorioso fine; questa sola dal vulgo m'allontana: ne gia mai lingua humana contar poria quel che le due divine luci sentir mi fanno, e quando 'l verno sparge le pruine, et quando poi ringiovenisce l'anno qual era al tempo del mio primo affanno. Io penso: se la suso, onde 'l motor eterno de le stelle degno mostrar del suo lavoro in terra, son l'altr'opre si belle, aprasi la pregione, ov'io son chiuso, et che 'l camino a tal vita mi serra. Poi mi rivolgo a la mia usata guerra, ringratiando Natura e 'l di ch'io nacqui che reservato m'anno a tanto bene, et lei ch'a tanta spene alzo il mio cor: che 'nsin allor io giacqui a me noioso et grave, da quel di inanzi a me medesmo piacqui, empiendo d'un pensier alto et soave quel core ond'anno i begli occhi la chiave. Ne mai stato gioioso Amor o la volubile Fortuna dieder a chi piu fur nel mondo amici, ch'i' nol cangiassi ad una rivolta d'occhi, ond'ogni mio riposo vien come ogni arbor vien da sue radici. Vaghe faville, angeliche, beatrici de la mia vita, ove 'l piacer s'accende che dolcemente mi consuma et strugge: come sparisce et fugge ogni altro lume dove'l vostro splende, cosi de lo mio core, quando tanta dolcezza in lui discende, ogni altra cosa, ogni penser va fore, et solo ivi con voi rimanse Amore. Quanta dolcezza unquancho fu in cor d'aventurosi amanti, accolta tutta in un loco, a quel ch'i' sento e nulla, quando voi alcuna volta soavemente tra 'l bel nero e 'l biancho volgete il lume in cui Amor si trastulla; et credo da le fasce et da la culla al mio imperfecto, a la Fortuna adversa questo rimedio provedesse il cielo. Torto mi face il velo et la man che si spesso s'atraversa fra 'l mio sommo dilecto et gli occhi, onde di et notte si rinversa il gran desio per isfogare il petto, che forma tien dal variato aspetto. Perch'io veggio, et mi spiace, che natural mia dote a me non vale ne mi fa degno d'un si caro sguardo, sforzomi d'esser tale qual a l'alta speranza si conface, et al foco gentil ond'io tutt'ardo. S'al ben veloce, et al contrario tardo, dispregiator di quanto 'l mondo brama per solicito studio posso farme, porrebbe forse aitarme nel benigno iudicio una tal fama: Certo il fin de' miei pianti, che non altronde il cor doglioso chiama, ven da' begli occhi alfin dolce tremanti, ultima speme de' cortesi amanti. Canzon, l'una sorella e poco inanzi, et l'altra sento in quel medesmo albergo apparechiarsi; ond'io piu carta vergo. 73 Poi che per mio destino a dir mi sforza quell'accesa voglia che m'a sforzato a sospirar mai sempre, Amor, ch'a cio m'invoglia, sia la mia scorta, e 'nsignimi 'l camino, et col desio le mie rime contempre: ma non in guisa che lo cor si stempre di soverchia dolcezza, com'io temo, per quel ch'i' sento ov'occhio altrui non giugne; che 'l dir m'infiamma et pugne, ne per mi' 'ngegno, ond'io pavento et tremo, si come talor sole, trovo 'l gran foco de la mente scemo, anzi mi struggo al suon de le parole, pur com'io fusse un huom di ghiaccio al sole. Nel cominciar credia trovar parlando al mio ardente desire qualche breve riposo et qualche triegua. Questa speranza ardire mi porse a ragionar quel ch'i'sentia: or m'abbandona al tempo, et si dilegua. Ma pur conven che l'alta impresa segua continuando l'amorose note, si possente e 'l voler che mi trasporta; et la ragione e morta, che tenea 'l freno, et contrastar nol pote. Mostrimi almen ch'io dica Amor in guisa che, se mai percote gli orecchi de la dolce mia nemica, non mia, ma di pieta la faccia amica. Dico: se 'n quella etate ch'al vero honor fur gli animi si accesi, l'industria d'alquanti huomini s'avolse per diversi paesi, poggi et onde passando, et l'onorate cose cercando, e 'l piu bel fior ne colse, poi che Dio et Natura et Amor volse locar compitamente ogni virtute in quei be' lumi, ond'io gioioso vivo, questo et quell'altro rivo non conven ch'i' trapasse, et terra mute. A llor sempre ricorro come a fontana d'ogni mia salute, et quando a morte disiando corro, sol di lor vista al mio stato soccorro. Come a forza di venti stanco nocchier di notte alza la testa a' duo lumi ch'a sempre il nostro polo, cosi ne la tempesta ch'i' sostengo d'Amor, gli occhi lucenti sono il mio segno e 'l mio conforto solo. Lasso, ma troppo e piu quel ch'io ne 'nvolo or quinci or quindi, come Amor m'informa, che quel che ven da gratioso dono; et quel poco ch'i' sono mi fa di lor una perpetua norma. Poi ch'io li vidi in prima, senza lor a ben far non mossi un'orma: cosi gli o di me posti in su la cima, che 'l mio valor per se falso s'estima. I' non poria gia mai imaginar, nonche narrar gli effecti, che nel mio cor gli occhi soavi fanno: tutti gli altri diletti di questa vita o per minori assai, et tutte altre bellezze indietro vanno. Pace tranquilla senza alcuno affanno: simile a quella ch'e nel ciel eterna, move da lor inamorato riso. Cosi vedess'io fiso come Amor dolcemente gli governa, sol un giorno da presso senza volger gia mai rota superna, ne pensasse d'altrui ne di me stesso, e 'l batter gli occhi miei non fosse spesso. Lasso, che disiando vo quel ch'esser non puote in alcun modo, et vivo del desir fuor di speranza: solamente quel nodo ch'Amor cerconda a la mia lingua quando l'umana vista il troppo lume avanza, fosse disciolto, i' prenderei baldanza di dir parole in quel punto si nove che farian lagrimar chi le 'ntendesse; ma le ferite impresse volgon per forza il cor piagato altrove, ond'io divento smorto, e 'l sangue si nasconde, i' non so dove, ne rimango qual era; et sonmi accorto che questo e 'l colpo di che Amor m'a morto. Canzone, i' sento gia stancar la penna del lungo et del dolce ragionar co llei, ma non di parlar meco i pensier' mei. 74 Io son gia stanco di pensar si come i miei pensier' in voi stanchi non sono, et come vita anchor non abbandono per fuggir de' sospir' si gravi some; et come a dir del viso et de le chiome et de' begli occhi, ond'io sempre ragiono, non e mancata omai la lingua e 'l suono di et notte chiamando il vostro nome; et che' pie' non son fiaccati et lassi a seguir l'orme vostre in ogni parte perdendo inutilmente tanti passi; et onde vien l'enchiostro, onde le carte ch'i' vo empiendo di voi: se 'n cio fallassi, colpa d'Amor, non gia defecto d'arte. 75 I begli occhi ond'i' fui percosso in guisa ch'e' medesmi porian saldar la piaga, et non gia vertu d'erbe, o d'arte maga, o di pietra dal mar nostro divisa, m'anno la via si d'altro amor precisa, ch'un sol dolce penser l'anima appaga; et se la lingua di seguirlo e vaga, la scorta po, non ella, esser derisa. Questi son que' begli occhi che l'imprese del mio signor victoriose fanno in ogni parte, et piu sovra 'l mio fianco; questi son que' begli occhi che mi stanno sempre nel cor colle faville accese, per ch'io di lor parlando non mi stanco. 76 Amor con sue promesse lusingando mi ricondusse a la prigione antica, et die' le chiavi a quella mia nemica ch'anchor me di me stesso tene in bando. Non me n'avidi, lasso, se non quando fui in lor forza; et or con gran fatica (chi 'l credera perche giurando i' 'l dica?) in liberta ritorno sospirando. Et come vero pregioniero afflicto de le catene mie gran parte porto, e 'l cor ne gli occhi et ne la fronte o scritto. Quando sarai del mio colore accorto, dirai: S'i' guardo et giudico ben dritto, questi avea poco andare ad esser morto. 77 Per mirar Policleto a prova fiso con gli altri ch'ebber fama di quell'arte mill'anni, non vedrian la minor parte de la belta che m'ave il cor conquiso. Ma certo il mio Simon fu in paradiso (onde questa gentil donna si parte), ivi la vide, et la ritrasse in carte per far fede qua giu del suo bel viso. L'opra fu ben di quelle che nel cielo si ponno imaginar, non qui tra noi, ove le membra fanno a l'alma velo. Cortesia fe'; ne la potea far poi che fu disceso a provar caldo et gielo, et del mortal sentiron gli occchi suoi. 78 Quando giunse a Simon l'alto concetto ch'a mio nome gli pose in man lo stile, s'avesse dato a l'opera gentile colla figura voce ed intellecto, di sospir' molti mi sgombrava il petto, che cio ch'altri a piu caro, a me fan vile: pero che 'n vista ella si mostra humile promettendomi pace ne l'aspetto. Ma poi ch'i' vengo a ragionar co llei, benignamente assai par che m'ascolte, se risponder savesse a' detti miei. Pigmalion, quanto lodar ti dei de l'imagine tua, se mille volte n'avesti quel ch'i' sol una vorrei. 79 S'al principio risponde il fine e 'l mezzo del quartodecimo anno ch'io sospiro, piu non mi po scampar l'aura ne 'l rezzo, si crescer sento 'l mio ardente desiro. Amor, con cui pensier mai non amezzo, sotto 'l cui giogo gia mai non respiro, tal mi governa, ch'i' non son gia mezzo, per gli occhi ch'al mio mal si spesso giro. Cosi mancando vo di giorno in giorno, si chiusamente, ch'i' sol me n'accorgo et quella che guardando il cor mi strugge. A pena infin a qui l'anima scorgo, ne so quanto fia meco il mio soggiorno, che la morte s'appressa, e 'l viver fugge. 80 Chi e fermato di menar sua vita su per l'onde fallaci et per gli scogli scevro da morte con un picciol legno, non po molto lontan esser dal fine: pero sarrebbe da ritrarsi in porto mentre al governo anchor crede la vela. L'aura soave a cui governo et vela commisi entrando a l'amorosa vita et sperando venire a miglior porto, poi mi condusse in piu di mille scogli; et le cagion' del mio doglioso fine non pur d'intorno avea, ma dentro al legno. Chiuso gran tempo in questo cieco legno errai, senza levar occhio a la vela ch'anzi al mio di mi trasportava al fine; poi piacque a lui che mi produsse in vita chiamarme tanto indietro da li scogli ch'almen da lunge m'apparisse il porto. Come lume di notte in alcun porto vide mai d'alto mar nave ne legno se non gliel tolse o tempestate o scogli, cosi di su da la gomfiata vela vid'io le 'nsegne di quell'altra vita, et allor sospirai verso 'l mio fine. Non perch'io sia securo anchor del fine: che volendo col giorno esser a porto e gran viaggio in cosi poca vita; poi temo, che mi veggio in fraile legno, et piu che non vorrei piena la vela del vento che mi pinse in questi scogli. S'io esca vivo de' dubbiosi scogli, et arrive il mio exilio ad un bel fine, ch'i' sarei vago di voltar la vela, et l'anchore gittar in qualche porto! Se non ch'i' ardo come acceso legno, si m'e duro a lassar l'usata vita. Signor de la mia fine et de la vita, prima ch'i' fiacchi il legno tra gli scogli drizza a buon porto l'affannata vela. 81 Io son si stanco sotto 'l fascio antico de le mie colpe et de l'usanza ria ch'i' temo forte di mancar tra via, et di cader in man del mio nemico. Ben venne a dilivrarmi un grande amico per somma et ineffabil cortesia; poi volo fuor de la veduta mia, si ch'a mirarlo indarno m'affatico. Ma la sua voce anchor qua giu rimbomba: O voi che travagliate, ecco 'l camino; venite a me, se 'l passo altri non serra. Qual gratia, qual amore, o qual destino mi dara penne in guisa di colomba, ch'i' mi riposi, et levimi da terra? 82 Io non fu' d'amar voi lassato unquancho, madonna, ne saro mentre ch'io viva; ma d'odiar me medesmo giunto a riva, et del continuo lagrimar so' stancho; et voglio anzi un sepolcro bello et biancho, che 'l vostro nome a mio danno si scriva in alcun marmo, ove di spirto priva sia la mia carne, che po star seco ancho. Pero, s'un cor pien d'amorosa fede puo contentarve senza farne stracio, piacciavi omai di questo aver mercede. Se 'n altro modo cerca d'esser sacio, vostro sdegno erra, et non fia quel che crede: di che Amor et me stesso assai ringracio. 83 Se bianche non son prima ambe le tempie ch'a poco a poco par che 'l tempo mischi, securo non saro, bench'io m'arrischi talor ov'Amor l'arco tira et empie. Non temo gia che piu mi strazi o scempie, ne mi ritenga perch'anchor m'invischi, ne m'apra il cor perche di fuor l'incischi con sue saette velenose et empie. Lagrime omai da gli occhi uscir non ponno, ma di gire infin la sanno il viaggio, si ch'a pena fia mai ch'i' 'l passo chiuda. Ben mi po riscaldare il fiero raggio, non si ch'i' arda; et puo turbarmi il sonno, ma romper no, l'imagine aspra et cruda. 84 " Occhi piangete: accompagnate il core che di vostro fallir morte sostene. " " Cosi sempre facciamo; et ne convene lamentar piu l'altrui, che 'l nostro errore. " " Gia prima ebbe per voi l'entrata Amore, la onde anchor come in suo albergo vene. " " Noi gli aprimmo la via per quella spene che mosse d 'entro da colui che more. " " Non son, come a voi par, le ragion' pari: che pur voi foste ne la prima vista del vostro et del suo mal cotanto avari. " " Or questo e quel che piu ch'altro n'atrista, che' perfetti giudicii son si rari, et d'altrui colpa altrui biasmo s'acquista. " 85 Io amai sempre, et amo forte anchora, et son per amar piu di giorno in giorno quel dolce loco, ove piangendo torno spesse fiate, quando Amor m'accora. Et son fermo d'amare il tempo et l'ora ch'ogni vil cura mi levar d'intorno; et piu colei, lo cui bel viso adorno di ben far co' suoi exempli m'innamora. Ma chi penso veder mai tutti insieme per assalirmi il core, or quindi or quinci, questi dolci nemici, ch'i' tant'amo? Amor, con quanto sforzo oggi mi vinci! Et se non ch'al desio cresce la speme, i' cadrei morto, ove piu viver bramo. 86 Io avro sempre in odio la fenestra onde Amor m'avento gia mille strali, perch'alquanti di lor non fur mortali: ch'e bel morir, mentre la vita e dextra. Ma 'l sovrastar ne la pregion terrestra cagion m'e, lasso, d'infiniti mali; et piu mi duol che fien meco immortali, poi che l'alma dal cor non si scapestra. Misera, che devrebbe esser accorta per lunga experientia omai che 'l tempo non e chi 'ndietro volga, o chi l'affreni. Piu volte l'o con ta' parole scorta: Vattene, trista, che non va per tempo chi dopo lassa i suoi di piu sereni. 87 Si tosto come aven che l'arco scocchi, buon sagittario di lontan discerne qual colpo e da sprezzare, et qual d'averne fede ch'al destinato segno tocchi: similmente il colpo de' vostr'occhi, donna, sentiste a le mie parti interne dritto passare, onde conven ch'eterne lagrime per la piaga il cor trabocchi. Et certo son che voi diceste allora: Misero amante, a che vaghezza il mena? Ecco lo strale onde Amor vol che mora. Ora veggendo come 'l duol m'affrena, quel che mi fanno i miei nemici anchora non e per morte, ma per piu mia pena. 88 Poi che mia speme e lunga a venir troppo, et de la vita il trappassar si corto, vorreimi a miglior tempo esser accorto, per fuggir dietro piu che di galoppo; et fuggo anchor cosi debile et zoppo da l'un de' lati, ove 'l desio m'a storto: securo omai, ma pur nel viso porto segni ch'i'o presi a l'amoroso intoppo. Ond'io consiglio: Voi che siete in via, volgete i passi; et voi ch'Amore avampa, non v'indugiate su l'extremo ardore; che perch'io viva de mille un no scampa; era ben forte la nemica mia, et lei vid'io ferita in mezzo 'l core. 89 Fuggendo la pregione ove Amor m'ebbe molt'anni a far di me quel ch'a lui parve, donne mie, lungo fora a ricontarve quanto la nova liberta m'increbbe. Diceami il cor che per se non saprebbe viver un giorno; et poi tra via m'apparve quel traditore in si mentite larve che piu saggio di me inganato avrebbe. Onde piu volte sospirando indietro dissi: Ohime, il giogo et le catene e i ceppi eran piu dolci che l'andare sciolto. Misero me, che tardo il mio mal seppi; et con quanta faticha oggi mi spetro de l'errore, ov'io stesso m'era involto! 90 Erano i capei d'oro a l'aura sparsi che 'n mille dolci nodi gli avolgea, e l'vago lume oltra misura ardea di quei begli occhi, ch'or ne son si scarsi; e 'l viso di pietosi color' farsi, non so se vero o falso, mi parea: i' che l'esca amorosa al petto avea, qual meraviglia se di subito arsi? Non era l'andar suo cosa mortale, ma d'angelica forma; et le parole sonavan altro, che pur voce humana. Uno spirito celeste, un vivo sole fu quel ch'i'vidi: et se non fosse or tale, piagha per allentar d'arco non sana. 91 La bella donna che cotanto amavi subitamente s'e da noi partita, et per quel ch'io ne speri al ciel salita, si furon gli atti suoi dolci soavi. Tempo e da ricovrare ambo le chiavi del tuo cor, ch'ella possedeva in vita, et seguir lei per via dritta expedita: peso terren non sia piu che t'aggravi. Poi che se' sgombro de la maggior salma, l'altre puoi giuso agevolmente porre, sallendo quasi un pellegrino scarco. Ben vedi omai si come a morte corre ogni cosa creata, et quanto all'alma bisogna ir lieve al periglioso varco. 92 Piangete, donne, et con voi pianga Amore; piangete, amanti, per ciascun paese, poi ch'e morto collui che tutto intese in farvi, mentre visse, al mondo honore. Io per me prego il mio acerbo dolore, non sian da lui le lagrime contese, et mi sia di sospir' tanto cortese, quanto bisogna a disfogare il core. Piangan le rime anchor, piangano i versi, perche 'l nostro amoroso messer Cino novellamente s'e da noi partito. Pianga Pistoia, e i citadin perversi che perduto anno si dolce vicino; et rallegresi il cielo, ov'ello e gito. 93 Piu volte Amor m'avea gia detto: Scrivi, scrivi quel che vedesti in lettre d'oro, si come i miei seguaci discoloro, e 'n un momento gli fo morti et vivi. Un tempo fu che 'n te stesso 'l sentivi, volgare exemplo a l'amoroso choro; poi di man mi ti tolse altro lavoro; ma gia ti raggiuns'io mentre fuggivi. E se 'begli occhi, ond'io me ti mostrai et la dov'era il mio dolce ridutto quando ti ruppi al cor tanta durezza, mi rendon l'arco ch'ogni cosa spezza, forse non avrai sempre il viso asciutto: ch'i' mi pasco di lagrime, et tu 'l sai. 94 Quando giugne per gli occhi al cor profondo l'imagin donna, ogni altra indi si parte, et le vertu che l'anima comparte lascian le menbra, quasi immobil pondo. Et del primo miracolo il secondo nasce talor, che la scacciata parte da se stessa fuggendo arriva in parte che fa vendetta e 'l suo exilio giocondo. Quinci in duo volti un color morto appare, perche 'l vigor che vivi gli mostrava da nessun lato e piu la dove stava. Et di questo in quel di mi ricordava, ch'i' vidi duo amanti trasformare, et far qual io mi soglio in vista fare. 95 Cosi potess'io ben chiuder in versi i miei pensier', come nel cor gli chiudo, ch'animo al mondo non fu mai si crudo ch'i' non facessi per pieta dolersi. Ma voi, occhi beati, ond'io soffersi quel colpo, ove non valse elmo ne scudo, di for et dentro mi vedete ignudo, benche 'n lamenti il duol non si riversi. Poi che vostro vedere in me risplende, come raggio di sol traluce in vetro, basti dunque il desio senza ch'io dica. Lasso, non a Maria, non nocque a Pietro la fede, ch'a me sol tanto e nemica; et so ch'altri che voi nessun m'intende. 96 Io son de l'aspectar omai si vinto, et de la lunga guerra de' sospiri, ch'i' aggio in odio la speme e i desiri, ed ogni laccio ond'e 'l mio core avinto. Ma 'l bel viso leggiadro che depinto porto nel petto, et veggio ove ch'io miri, mi sforza; onde ne' primi empii martiri pur son contra mia voglia risospinto. Allor errai quando l'antica strada di liberta mi fu precisa et tolta, che mal si segue cio ch'agli occhi agrada; allor corse al suo mal libera et sciolta: ora a posta d'altrui conven che vada l'anima che pecco sol una volta. 97 Ahi bella liberta, come tu m'ai, partendoti da me, mostrato quale era 'l mio stato, quando il primo strale fece la piagha ond'io non guerro mai! Gli occhi invaghiro allor si de' lor guai, che 'l fren de la ragione ivi non vale, perch'anno a schifo ogni opera mortale: lasso, cosi da prima gli avezzai! Ne mi lece ascoltar chi non ragiona de la mia morte; et solo del suo nome vo empiendo l'aere, che si dolce sona. Amor in altra parte non mi sprona, ne i pie' sanno altra via, ne le man' come lodar si possa in carte altra persona. 98 Orso, al vostro destrier si po ben porre un fren, che di suo corso indietro il volga; ma 'l cor chi leghera, che non si sciolga, se brama honore, e 'l suo contrario abhorre? Non sospirate: a lui non si po torre suo pregio, perch'a voi l'andar si tolga; che, come fama publica divolga, egli e gia la, che null'altro il precorre. Basti che si ritrove in mezzo 'l campo al destinato di, sotto quell'arme che gli da il tempo, amor, vertute e 'l sangue, gridando: D'un gentil desire avampo col signor mio, che non po seguitarme, et del non esser qui si strugge et langue. 99 Poi che voi et io piu volte abbiam provato come 'l nostro sperar torna fallace, dietro a quel sommo ben che mai non spiace levate il core a piu felice stato. Questa vita terrena e quasi un prato, che 'l serpente tra' fiori et l'erba giace; et s'alcuna sua vista agli occhi piace, e per lassar piu l'animo invescato. Voi dunque, se cercate aver la mente anzi l'extremo di queta gia mai, seguite i pochi, et non la volgar gente. Ben si puo dire a me: Frate, tu vai mostrando altrui la via, dove sovente fosti smarrito, et or se' piu che mai. 100 Quella fenestra ove l'un sol si vede, quando a lui piace, et l'altro in su la nona; et quella dove l'aere freddo suona ne' brevi giorni, quando borrea 'l fiede; e 'l sasso, ove a' gran di pensosa siede madonna, et sola seco si ragiona, con quanti luoghi sua bella persona copri mai d'ombra, o disegno col piede; e 'l fiero passo ove m'agiunse Amore; e lla nova stagion che d'anno in anno mi rinfresca in quel di l'antiche piaghe; e 'l volto, et le parole che mi stanno altamente confitte in mezzo 'l core, fanno le luci mie di pianger vaghe. 101 Lasso, ben so che dolorose prede di noi fa quella ch'a nullo huom perdona, et che rapidamente n'abandona il mondo, et picciol tempo ne tien fede; veggio a molto languir poca mercede, et gia l'ultimo di nel cor mi tuona: per tutto questo Amor non mi spregiona, che l'usato tributo agli occhi chiede. So come i di, come i momenti et l'ore, ne portan gli anni; et non ricevo inganno, ma forza assai maggior che d'arti maghe. La voglia et la ragion combattuto anno sette et sette anni; et vincera il migliore, s'anime son qua giu del ben presaghe. 102 Cesare, poi che 'l traditor d'Egitto li fece il don de l'onorata testa, celando l'allegrezza manifesta, pianse per gli occhi fuor si come e scritto; et Hanibal, quando a l'imperio afflitto vide farsi Fortuna si molesta, rise fra gente lagrimosa et mesta per isfogare il suo acerbo despitto. Et cosi aven che l'animo ciascuna sua passion sotto 'l contrario manto ricopre co la vista or chiara or bruna: pero, s'alcuna volta io rido o canto, facciol, perch'i' non o se non quest'una via da celare il mio angoscioso pianto. 103 Vinse Hanibal, et non seppe usar poi ben la vittoriosa sua ventura: pero, signor mio caro, aggiate cura, che similmente non avegna a voi. L'orsa, rabbiosa per gli orsacchi suoi, che trovaron di maggio aspra pastura, rode se dentro, e i denti et l'unghie endura per vendicar suoi danni sopra noi. Mentre 'l novo dolor dunque l'accora, non riponete l'onorata spada, anzi seguite la dove vi chiama vostra fortuna dritto per la strada che vi puo dar, dopo la morte anchora mille et mille anni, al mondo honor et fama. 104 L'aspectata vertu, che 'n voi fioriva quando Amor comincio darvi bataglia, produce or frutto, che quel fiore aguaglia, et che mia speme fa venire a riva. Pero mi dice il cor ch'io in carte scriva cosa, onde 'l vostro nome in pregio saglia, che 'n nulla parte si saldo s'intaglia per far di marmo una persona viva. Credete voi che Cesare o Marcello o Paolo od Affrican fossin cotali per incude gia mai ne per martello? Pandolfo mio, quest'opere son frali a ll lungo andar, ma 'l nostro studio e quello che fa per fama gli uomini immortali. 105 Mai non vo' piu cantar com'io soleva, ch'altri no m'intendeva, ond'ebbi scorno; et puossi in bel soggiorno esser molesto. Il sempre sospirar nulla releva; gia su per l'Alpi neva d'ogn' 'ntorno; et e gia presso al giorno: ond'io son desto. Un acto dolce honesto e gentil cosa; et in donna amorosa anchor m'aggrada, che 'n vista vada altera et disdegno